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Sul palco di Piazza San Marco questo pomeriggio ha preso vita la scenografica rievocazione del Taglio della Testa del Toro, una performance, a cura dell’Associazione “Compagnia L’Arte dei Mascareri”, in collaborazione con la Compagnia teatrale Pantakin e una delegazione proveniente dalla città di Aquileia, che in questo giovedì grasso ha saputo lasciare il pubblico del Carnevale di Venezia a bocca aperta. Una vicenda radicata nel lontano 1162, quando il Doge Vitale II Michiel vinse sul patriarca Ulrico di Aquileia, che aveva tentato di conquistare Grado, città della Serenissima, da cui è poi scaturito un modo di dire veneziano diventato universale, “tagiar la testa al toro”.

Presente per l’amministrazione comunale, il consigliere delegato alla Tutela delle Tradizioni Giovanni Giusto: “Questa rievocazione è l’occasione per far conoscere un’antica usanza della Serenissima, che poi si è trasformata in un modo di dire che tutti conosciamo e che ancora oggi usiamo. La tradizione per noi è continuità, è un modo per tramandare la nostra storia. Ecco perché il Carnevale non è solo un evento da subire passivamente, ma un’occasione da vivere come protagonisti”.
Con lui il sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino che ha voluto festeggiare a Venezia insieme ai suoi concittadini arrivati al Carnevale di Venezia per interpretare il Patriarca Ulrico e i dodici feudatari ribelli: “Per Aquileia questo è un modo di far rivivere la nostra storia comune con Venezia tramite le tradizioni, perchè il futuro ha radici antiche”.

A narrare la vicenda la maschera di Pantalone, accompagnato dalla nipote e dalla balia friulana, mentre la delegazione di Aquileia, vestita di mantelli neri con gorgiera e dai mascheroni da Maiale, ha reinterpretato il Patriarca Ulrico e i dodici feudatari ribelli. Lo storico rito del “sacrificio” dell’animale andato in scena sul palco di Piazza San Marco ha ricordato la vittoria del doge Vitale Michiel II sul patriarca Ulrico di Aquileia e sui suoi dodici feudatari ribelli, un trionfo ottenuto nel sangue che costò ai traditori un pegno all’epoca salatissimo. In memoria del tentativo di insurrezione soffocato nel sangue, infatti, ogni anno anche i successori del Patriarca dovevano inviare in dono e a risarcimento al Doge in carica un toro, 12 pani e 12 porci ben pasciuti. Il toro-Patriarca con i 12 Porci-Feudatari venivano poi messi allo scherno della pubblica piazza con un rituale che prevedeva al suo culmine lo spettacolare taglio della testa del toro.

Nella rappresentazione storica protagoniste anche le 12 Marie del Carnevale di Venezia che hanno partecipato alle celebrazioni sul palco di piazza San Marco insieme ai tanti figuranti in maschera che hanno prima sfilato sotto i portici del cuore della piazza San Marco.
Gli animali venivano successivamente macellati e cucinati e la loro carne distribuita durante i banchetti tra i nobili, il clero, il popolo e i carcerati. Da qui l’espressione “Tagiar la testa al toro”, ossia “tagliare la testa al toro”: un modo di dire che è diventato universale ma che nasce a Venezia e proprio nel periodo di Carnevale. Il suo significato metaforico, come noto, è quello di arrivare finalmente a prendere una decisione dopo che se ne discute da tanto tempo.

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