‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ ovvero ‘Ma io non voglio finire in mezzo ai matti!’
Ma secondo voi la pazzia è una condizione oggettiva o è soltanto un punto di vista? Cos’è la normalità? E qualcosa che ci piace pensare esista o qualcosa che realmente esiste?
Da bambini abbiamo tutti amato Alice e le sue avventure nel Paese delle Meraviglie. Chi leggendo il libro, chi vedendo il bellissimo film d’animazione della Disney, ma di certo una buona parte di noi ha sentito il bisogno di inseguire un coniglio bianco quando lo vedeva per vedere se avesse veramente un orologio da taschino, si è sentita leggermente inquieta nel vedere nelle illustrazioni il Gatto di Cheshire (‘Stregatto’ nella versione disney), ha cambiato più volte posto quando si sedeva a tavola per fare merenda sperando che il Cappellaio Matto fosse fiero di noi e ha urlato almeno una volta ‘tagliatele la testa!’ sentendosi una novella Regina di Cuori, o monarca pazzo che dir si voglia.
Molti però non sanno che la storia è stata scritta da un uomo che faceva della razionalità il suo pane quotidiano. Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson (1832-1898), altro non era che un matematico e un logico, professore all’università di Oxford. Alice nel Paese delle Meraviglie non è soltanto un bellissimo esempio di letteratura per l’infanzia, ma un romanzo profondo, che offre degli spunti di riflessione molto interessanti.
La trama non richiede troppe spiegazioni. La piccola Alice sta giocando in giardino quando ecco d’un tratto vede un coniglio bianco che con un orologio da taschino corre perché di fretta. La bambina lo insegue dentro la sua tana e dal quel momento entra nel Paese delle Meraviglie. Lì le accadono fatti straordinari, fuori da ogni logica comune. Si rimpicciolirà e quasi rischierà di annegare in una sua stessa lacrima, conoscerà la duchessa, il Gatto di Cheshire e Bill la lucertola, prenderà il tè con la Lepre Marzolina e il Cappellaio Matto, sempre intenti a cambiare posto, e giocherà un’improbabile partita di croquet con la Regina di Cuori. Alla fine, lo sappiamo tutti, Alice si risveglia, addormentata sotto l’albero, e va a prendere il tè con la sorella.
Come già detto questa potrebbe solo sembrare una bellissima fiaba, ma non è così.
Una frase che non appartiene al testo originale, bensì al cartone, ma che comunque ci dà uno spunto originale è pronunciata dal Gatto, lo Stregatto in risposta all’esclamazione di Alice ‘Ma io non voglio andare in mezzo ai matti!’: ‘Oh, non puoi farci niente. Siamo tutti matti qui’. Alice è a disagio nel Paese delle Meraviglie, perché non sa come comportarsi. Per tutti coloro che incontra l’illogicità è la regola, regole a cui loro sono abituati, a cui si adeguano perché le sentono loro. Alice no. Alice è nata con delle regole diverse e le nuove leggi non le riesce ad accettare. Perché dovrebbe? Lei sta bene così. Sono gli altri che si comportano in maniera assurda. Ma quindi viene da chiedersi: nel Paese delle Meraviglie chi sono i matti e chi sono i ‘sani di mente’? Alice è matta perché fa ciò che nessun’altro fa o è l’unica sana perché si comporta in un modo che oggettivamente possiamo definire ‘normale’? Se la norma è comportarsi follemente, non è comportarsi ‘normalmente’ essa stessa una follia?
Molti non sarebbero d’accordo. La scienza individua e classifica la follia su una base che viene ritenuta oggettiva, e così di conseguenza viene trattata. Ma varrebbe la pena di pensare che coloro che noi definiamo matti o folli o pazzi altro non sono che coloro che infrangono la regola comune. Se tutti noi vedessimo il cielo rosso con le nuvole nere chi sarebbe il matto? Quello che vede il cielo in questo modo o colui che lo vede come sempre (almeno noi ne siamo sicuri) è stato, azzurro con le nuvole bianche? É un quesito che varrebbe la pena porsi. Abbiamo deciso un canone e lo facciamo rispettare, esattamente come continuamente decidiamo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Abbiamo bisogno di canoni, di punti fissi, perché altrimenti tutto sarebbe relativo, ma sarebbe saggio porsi continuamente la domanda: è realmente un matto, o soltanto qualcuno che vede il mondo in modo diverso? Basti pensare che mille anni fa era considerato pazzo chi pensava a cose che oggi sono la normalità.
Quindi, di nuovo, ‘non puoi farci niente, siamo tutti matti qui’.