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‘Le mille e una notte’ ovvero ‘Non ho soldi per divorziare’

Se ne dipendesse la vostra vita, sareste in grado di raccontare una storia per un tempo lungo, ma molto lungo? Che ne so, mille e una notte? Tenervi in bilico tra la vita e la morte, solo con l’uso delle parole, soltanto con l’uso della curiosità. Questo potrebbe essere uno stratagemma per allontanare la morte, ma anche una medicina per la pazzia di un uomo che ha deciso di odiare il mondo.

Tutti avrete sentito almeno una volta le storie di Aladino e la lampada magica, del marinaio Sindbad il marinaio e dei suoi viaggi spericolati, di Alì Babà e i quaranta ladroni e molte altre. Storie molto affascinanti, scritte da generazioni di autori arabi, persiani ed egiziani, sono state poi raccolte in quel capolavoro della novellistica che è ‘Le mille e una notte’.

Ma noi non parleremo delle decine di storie narrate, troppe per parlare di tutte. Bensì rifletteremo su di una sola. E per farlo ci faremo una domanda semplice: ‘Perchè chiamare così la raccolta?’.

Ovviamente, istintivamente riflettendo, perché le novelle sono moltissime e dire ‘mille e una’ è un modo per dire con un’iperbole ‘un numero infinito’. Ma perché proprio mille e una notte? Tutto nasce dalla storia principale del libro, quella che in gergo viene chiamata ‘cornice’, usato come espediente letterario per raccontare le novelle.

C’era, infatti, in Persia un re di nome Shahriyar, che, potremmo dire, neppure lui reagiva bene alle delusioni amorose (si veda Orlando Furioso). Aveva infatti scoperto un giorno che sua moglie lo tradiva abitualmente. Dunque, dopo averci riflettuto con calma e sangue freddo, la fa decapitare. Poteva finire qui, ma poi come lo continuavi il libro? Il re ha sviluppato un odio feroce per le donne dunque comincia a fare un eccidio. Ogni sera fa condurre a se una donna, con cui passa la notte e che alla mattina fa uccidere (divorziare ogni giorno costava troppo). La cosa va avanti per un po’ finché un giorno Shahrazad, bella ed intelligente figlia maggiore del Visir, decide di fermare questa strage. Si offre volontariamente per essere condotta dal re. Come da abitudine passa la notte col re, ma prima che sorga il sole si offre di raccontargli una storia che parla di amori, di ladri, di incantesimi e di terre lontane. Una delle stesse storie che prima abbiamo nominato.

Ma, potrebbe chiedere qualcuno, questo di preciso, a cosa serve? Tanto quando lei finirà la storia lui comunque la farà uccidere. Ed è proprio questo il punto. Shahrazad è molto astuta. Continua a raccontare, stimolando la curiosità del re, fino al sorgere del sole, senza concludere la storia. Alla richiesta del re di finire di raccontare la ragazza risponde ‘domani sera mio re’. E dunque il re, troppo curioso, le risparmia la vita (provate voi a saltare la puntata successiva di una serie tivù quando vi scrivono ‘continua’ alla fine della precedente’). Questa scena si ripete notte dopo notte, fino a che, ci dice il narratore, dopo mille e una notte Shahrazad conclude l’ultima storia. In quel tempo ha dato a Shahriyar tre figli e il re si è follemente innamorato della ragazza. Dunque per amore per i suoi figli e per Shahrazad decide di sposare quest’ultima, cessando la sua insana abitudine. Con un regno felice e in festa si conclude la nostra storia.

Shahrazad si è giocata molto. Ha messo ‘sul piatto’ la sua stessa vita, e probabilmente quella di tante altre ragazze se non avesse avuto successo, sfidando la follia del re. Ma se l’è scampata, per fortuna. Per fortuna? No! Questo non è corretto. Shahrazad non si è salvata per fortuna, ma per abilità. Non è stato un gioco in cui si affidava tutto ad un numero sul dado o alla figura sulla carta bensì alla bravura della ragazza, alla sua capacità di rimanere lucida, di saper ragionare e di saper leggere l’animo umano. Ha capito che il re aveva bisogno di ritrovare l’amore e di dimenticare ciò che lo aveva deluso. È la perfetta rappresentazione di come una persona può impostare la propria vita. Come un gioco d’azzardo, in cui si sta a pregare che questa volta la vita vada bene. O come un gioco di abilità, in cui si mette in conto dei fattori avversi, ma ci si oppone con intelligenza, anche sfruttandoli a nostro favore.

Tutto sta a noi. A che gioco volete giocare?

 

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