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‘Orlando Furioso’ ovvero ‘Sto passando un brutto momento’

Vi capita di arrabbiarvi? Immagino di si. Ma non penso che, presi dalla rabbia, vi spogliate di tutti i vestiti, sradichiate alberi a mani nude e uccidiate ogni essere vivente che osi avvicinarsi a voi, aggirandovi con atteggiamento animalesco. Un po’ esagerato eh? Ma diciamolo anche, assurdo, completamente e totalmente assurdo! E se ci aggiungessi che tutto questo accadrebbe per amore? Beh, direte voi, o la donna doveva essere la più bella del mondo o questa è un’invenzione bella e buona. La risposta sarebbe entrambi.

Questa è una storia molto famosa, specialmente perché ce l’hanno fatta odiare a scuola, e parla proprio di un uomo che viene condotto alla follia dopo aver cercato per tutto il mondo la più bella donna che si sia mai vista, Angelica, ma è tutto scaturito dalla mente di un uomo che è conosciuto per aver fatto correre la fantasia sfrenatamente oltre ogni limite.

Stiamo parlando ovviamente di Ludovico Ariosto (1474-1533) e il libro è ‘L’Orlando– evidentemente-Furioso’.

Che pena essere innamorati eh? L’infatuazione ci spinge a fare di tutto. Certo, ciò che si deve essere disposti a fare spesso è commisurato alla levatura della persona amata. Se, diciamo, volessimo conquistare quella/o che abita sul nostro pianerottolo di casa probabilmente dovremmo trovare il coraggio di comprare un mazzo di fiori e chiedergli/le un appuntamento. Ma se un uomo, come Orlando, paladino di Carlo Magno e di Francia, sceglie che la dama della sua vita è ‘la donna più bella del mondo, figlia del re del Catai’ bisogna anche mettere in conto di dover andare fino ‘in India, in Media e Tartaria’ (attenti quando promettete ‘andrei in capo al mondo per te’).

Ma Orlando è Orlando, ed essendo il nostro eroe non può perdere. O sì? Orlando è un paladino di Francia, quindi risulta facile per lui andare in capo al mondo per conquistare la mano di Angelica. Quindi tutto sembra normale. L’unico dettaglio è che, come sempre, nessuno aveva pensato di chiedere alla dama se effettivamente ricambiasse il sentimento del cavaliere. Quindi alla prima occasione Angelica scappa, si innamora (realmente) di un comune soldato saraceno e con lui si sposa. Tutti noi applaudiremmo a questo finale romantico. Tutti tranne Orlando, che non prende bene il biglietto di Angelica che dice ‘Rimaniamo amici’. E quindi? E quindi fa la cosa più logica da fare in questa situazione.

Impazzisce.

Perde completamente il senno. Non è una mente malata che pensa il mondo come gli pare (come Don Quijote per intenderci). La mente di Orlando non esiste più. La sua è una furia cieca, che lo riporta allo stato animale. Sradica alberi interi, li usa come mazze per uccidere pastori e agricoltori, macella intere mandrie e greggi, corre in lungo e in largo la Francia, salendo montagne e scendendo valli. Una nebbia densa gli avvolge gli occhi e il suo senno è in un’ampolla sulla luna, dove sta tutto ciò che gli uomini hanno perduto. Sarà il conte Astolfo, altro Paladino di Francia, a cavallo di un Ippogrifo (ancora gli Shuttle non esistevano, quindi si arrangiavano con quello che potevano) ad andare sulla luna e recuperare il senno di Orlando, riportandolo alla normalità.

Ironia a parte, nostra e di Ariosto, vale la pena di pensare che Orlando possiamo essere tutti noi. L’amore è una forza potentissima e se è rivolta contro di noi può farci molto male. Stiamo male quando subiamo una delusione, chiunque lo neghi implicitamente afferma che ciò che è finito non è stato amore. L’amore ci porta a fare cose assurde, tant’è vero che uno dei pensieri più comuni quando si osserva uno che agisce irrazionalmente è ‘deve essere innamorato’. Lo sappiamo da millenni, eppure ancora qualcuno osa stupirsene o guardarlo con sospetto. Dato che ci fa stare così male, ci fa fare così stupide avremmo anche potuto trovare un modo di scampare a tutto questo, ma non l’abbiamo fatto, non ci abbiamo mai neanche provato. Continuiamo a voler amare dall’alba dell’umanità. E perché scusa?

Perché ci è chiaro che è l’amore che muove il sole e l’altre stelle.

 

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