Sebbene la produzione delle maschere risalga a tempi antichissimi, nel passato conobbe un graduale arresto; dapprima, il divieto del 1339 di indossare le maschere durante la notte per cercare di evitare la commissione di reati, poi dal 1703 il divieto di recarsi in sale da gioco in maschera, per essere riconosciuti dai creditori, infine nel 1797 l’abolizione del Carnevale con la caduta della Serenissima ad opera di Napoleone.
La riscoperta del fascino della maschera parte dagli anni ‘70/’80 del secolo scorso, quando il Carnevale viene ripristinato e molti, catturati dalla bellezza dell’artigianato della maschera aprono le loro botteghe.
Esempi di questo processo sono Sergio de “La Bottega dei Mascareri” e Carlo de “La Pietra Filosofale”, due artisti molto diversi tra loro ma che grazie ai loro laboratori da lungo tempo portano avanti una tradizione tutta veneziana.
Sergio Boldrin, insieme al fratello Massimo, dal 1984 con “La Bottega dei Mascareri”, realizza maschere in cartapesta seguendo e rispettando le tecniche tradizionali. Sergio è autodidatta, pittore fin da ragazzino dice che l’arte, di qualsiasi tipo, lo ha sempre coinvolto. Ha imparato con passione, cosa che ritiene fondamentale, e sono quarant’anni che cerca di fare in modo che la tradizione continui insieme al fratello, la figlia, il nipote e i colleghi . “Quando per una vita si cerca di fare le cose bene e di qualità – dice – è veramente difficile fare un passo indietro e creare maschere commerciali, scendere a compromessi… questa è la vera fatica”.
E la qualità delle maschere si coglie immediatamente entrando nelle botteghe degli artigiani, in cui il primo senso colpito è senza dubbio l’olfatto: l’odore di colle e vernici sono la prova dell’incredibile lavoro manuale e creativo svolto dagli artisti.
Siamo andati nel laboratorio di Sergio e abbiamo incontrato suo nipote Davide che ci ha spiegato come si realizzano le maschere di cartapesta.
Si parte dalla creazione di un modello che va plasmato nella creta, su di esso viene colato del gesso liquido che, una volta asciutto, crea lo stampo. Una volta pronto lo stampo arriva il momento della carta; Davide utilizza la “carta lana”, una carta un po’ spessa di colore blu che spezza con le mani in piccoli pezzi e la attacca allo stampo con il tipo di colla utilizzata per i manifesti e la carta da parati, come se creasse un puzzle. La carta lana, quando entra in contatto con la colla si adatta perfettamente allo stampo ed è amata dai mascareri perché, quando la maschera è asciutta, la superficie risulta liscia e omogenea nonostante sia composta da tanti pezzi di carta.
Tolta dallo stampo la maschera viene esposta per un paio d’ore a una fonte di calore così da asciugarsi completamente. Asciugata e rifinita è pronta per la decorazione!
Carlo Setti, negli anni 70 ha cominciato a fare maschere, soprattutto di cuoio. Aveva letto una vecchia pubblicazione di Sartori, colui che ha ripristinato la tecnica della maschera in cuoio, e si è innamorato di questa storia. Prima faceva animazione nelle scuole, cabaret, teatro e altro, ma comunque inerente al mondo delle maschere. Nella pubblicazione di Sartori la maschera in cuoio era definita come la maschera prediletta in teatro per questioni di durata negli anni se usata frequentemente.
La cartapesta si lavora su calchi in negativo mentre la maschera in cuoio viene fatta su un modello in positivo o in legno o di qualsiasi altro materiale in cui si possano battere chiodi.
Il cuoio viene bagnato, adattato il più possibile alla maschera, inchiodato dietro il modello, negli occhi e nel naso. Poi martellato con martelli non metallici. Il metallo segna il cuoio e lo fa diventare nero, si utilizzano solo martelli di corno. È inoltre tirato con stecche di legno affinché prenda la forma. Si lavora finché il cuoio non è quasi asciutto, anche nel momento in cui è quasi asciutto, si riescono a dare i particolari più fini.
Poi viene schiodato e tolto dalla forma, ribattuto, assottigliato sui bordi che vengono incollati all’interno con un filo metallico per aiutare a mantenere la forma.
Viene poi colorato. Colorare il cuoio non è facile; si può solo andare a scurire, in più il cuoio con il tempo scurisce da solo.
Un processo artigianale molto complesso e che richiede un grande rispetto dei materiali.