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Il piacere di travestirsi conferma il profondo bisogno di non essere sé stessi. Almeno per un giorno.
Tanti sono i modi per divertirsi a Carnevale, ma il primo è sicuramente mascherarsi. Un abito, una parrucca, una maschera o un cappellino: a Carnevale è d’obbligo cambiare e trasformarsi!

Le ragazze dello staff del Carnevale di Venezia l’hanno provato per noi. Sono infatti state ospiti dell’Atelier Pietro Longhi, un vero paradiso per chi ama gli abiti d’epoca. Grazie alla disponibilità e alle attenzioni di Raffaele Dessì hanno potuto vivere un sogno indossando tre bellissimi abiti e discorrere un po’ con lui, perfetto incarnatore dell’entusiasmo del Carnevale.
Raffaele spiega che “Nei millenni dell’evoluzione umana, quando ad una cultura si sovrapponeva un’altra, si è sempre cercato di cancellare il ricordo della dominazione precedente. Unico festeggiamento che non si è mai interrotto è quello del Carnevale. […] Persino la Chiesa, che ha sempre osteggiato i divertimenti pagani, ammetteva un periodo dell’anno durante il quale era lecito mascherarsi”.

Il Carnevale è legato al mascheramento

È riconosciuto che il Carnevale più famoso d’Europa sia quello veneziano, che dal 1700 propone intrattenimenti per settimane, regalando a tutti gli ospiti della città spettacoli indimenticabili. Ma in cosa sta la grandezza del Carnevale? Secondo Raffaele “non ci si maschera per giorni, ma per giorni si vive l’illusione di aver realizzato ciò che più si desidera, di essere ciò che si sarebbe voluto essere. E se nel 1700 per il nobile era la possibilità di vivere senza schemi, senza rispettare la rigidissima etichetta del cerimoniale, mentre per il povero era il sogno di dare ordini, indossare un prezioso tabarro e magari rispondere male o prendere in giro il proprio padrone, col passare dei secoli è cambiato il divertimento, ma non lo spirito. Oggi vediamo super eroi che salvano città intere, o uomini del 1700 che possono ostentare un lusso d’altri tempi, o dame che possono senza alcuna preoccupazione indossare abiti e gioielli da sogno. E poco importa che i gioielli siano veri, che gli abiti siano veramente in tessuti preziosi. Ciò che conta è che tutto appaia perfetto, come il personaggio che si vuole interpretare”.
Per questo il Carnevale è un momento che non può non essere legato al mascheramento. Per pochi giorni tutti abbiamo il bisogno ed il diritto di credere che i nostri sogni si siano realizzati. Venezia una città intera che si maschera, o forse si smaschera, per mostrare ciò che realmente è, sotto la maschera della quotidianità che tutti indossiamo.

Gli abiti dell’Atelier

Le ragazze dello Staff hanno potuto travestirsi per una mattinata provando tutta la qualità degli stupendi abiti dell’Atelier Pietro Longhi. L’abito rosa, indossato dalla nostra Valeria, è un modello francese da corte della seconda metà del 1700, in broccatello di seta e filo metallico. Applicazioni in fiori di seta e carta “cinese” realizzata a mano. L’ abito da Arlecchina, portato da Andrea, è invece un modello della seconda metà del ‘700 veneziano (gonna contenuta, maniche aderenti). Realizzato con oltre 100 pezzi tessuti preziosi cuciti insieme e tagliati per realizzare l’abito. Le cuciture sono nascoste da passamaneria dorata. Il terzo abito, quello di Colombina, indossato da Roberta, è un modello dell’ultimo quarto del ‘700, realizzato in stoffa cannatèe e fasce in seta ricamata.

Ringraziamo ancora Raffaele Dessì per la disponibilità, la grande passione e la gentilezza che lo contraddistinguono riportando le parole che ci ha dedicato: “Gli abiti appesi non hanno vita. Siete voi ad averli resi bellissimi e unici!”

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